Lista Controcorrente

20 Ott

Il silenzio grande al Teatro Diana

3 Nov

In un mondo di parole, spesso, ripetute o dette anche quando non si ha nulla da dire ma solo per far vedere che si esiste, l’uomo più sensibile, alla ricerca di qualcosa in più, rispetto alla routine, all’abitudine dei luoghi, movimenti, gesti, cerca la tranquillità e la pace. Il problema nasce quando si vive solo nella tranquillità e per la pace, si perde il contatto con la realtà, e si rischia di vivere in un mondo immaginario, laddove quei silenzi ricercati con difficoltà diventano “piccoli silenzi” che messi insieme diventano grandi ed insormontabili.
La commedia di Maurizio De Giovanni, con la sapiente regia di Alessandro Gassman, Il silenzio grande, allerta lo spettatore a non commettere l’errore di chiudersi in sé stessi e perdere il contatto con la realtà, addirittura con la propria famiglia.
Valerio Rimic (Massimiliano Gallo) è un famoso scrittore ma, come spesso succede ai grandi e famosi, non riesce più a scrivere da anni, e passa il suo tempo rinchiuso nella biblioteca di casa limitando al massimo i suoi rapporti con la moglie Rose (Stefania Rocca), i due figli Massimiliano (Jacopo Sorbini ) e Adele (Paola Senatore) e la cameriera Bettina (Monica Nappo).
Una biblioteca immensa, piena di libri che il protagonista tiene ordinati con cura con un criterio strettamente personale.
Nella stanza entra la moglie che cerca di convincere il marito ad ascoltare i suoi figli, i loro bisogni, le loro esigenze. Sembrano colloqui, ma sono monologhi: la moglie che minaccia velatamente di andar via(forse con Luca), l’amico dinamico e pieno di voglia di vivere. Massimiliano che finalmente riesce a dire al padre che è Gay; Adele(con il complesso di Elettra) incinta di un uomo sposato e molto più grande di lei. Infine la fedele Bettina che forse, è l’unica che il protagonista ascolta davvero ammonisce: “I piccoli silenzi via via creano un grande silenzio”. E’ necessario svegliarsi da questo torpore professore…

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ROLEX CAPRI SAILING WEEK DAL 10 AL 18 MAGGIO

29 Apr

Manca davvero poco per l’ evento dell’anno: la Rolex Capri Sailing Week, evento di attrazione internazionale che apre la stagione velica nel Mediterraneo. Parteciperanno quasi 150 barche e 1.500 velisti provenienti da ogni parte del mondo che affolleranno le banchine di Napoli, da dove parte la prima regata lunga e a Capri, dove si svolgeranno le prove sulle boe e costiere.
Manca davvero poco per l’ evento dell’anno: la Rolex Capri Sailing Week, evento di attrazione internazionale che apre la stagione velica nel Mediterraneo. Parteciperanno quasi 150 barche e 1.500 velisti provenienti da ogni parte del mondo che affolleranno le banchine di Napoli, da dove parte la prima regata lunga e a Capri, dove si svolgeranno le prove sulle boe e costiere.

Mai tanti iscritti come quest’anno, a testimonianza del gran lavoro svolto dai tre Club organizzatori: Yacht Club Italiano, Circolo del Remo e della Vela Italia, Yacht Club Capri in collaborazione con l’International Maxi Yacht Association, che gestisce la classe di yacht più prestigiosi , rappresentata dal segretario Andrew Mc Irvine, l’Unione Vela d’Altura Italiana, con il presidente Fabrizio Gagliardi, oltre il fondamentale supporto del Reale Yachting Canottieri Savoia.

Nella passata conferenza stampa si è visto un video con spettacolari immagini realizzate durante la scorsa edizione, dove hanno presentato l’evento e i suoi protagonisti: le barche, i velisti, il mare, le regate e i paesaggi di Napoli e Capri. Una vera e propria sigla alla quale è seguito il saluto dei tre presidenti dei sodalizi organizzatori, Roberto Mottola di Amato, a fare gli onori di casa per il Circolo Italia, Marino Lembo dello Yacht Club Capri e Nicolò Reggio dello Yacht Club Italiano. Continua un upgrade che valorizza sempre più l’impegno organizzativo e l’attenzione agonistica dei numerosi equipaggi che partecipano.

Maurizio Pavesi, vicepresidente del Circolo “Italia”, ha illustrato il programma delle regate mettendo in evidenza alcuni dati di partecipazione: 27 Maxi Yacht iscritti, oltre 100 imbarcazioni alla Tre Golfi più di 60 yacht per il Campionato Italiano del Tirreno e la concomitanza con la Capri Classica, alla quale partecipano tra le più belle golette dell’International Shooner Association, che saranno ormeggiate a Capri nella settimana precedente.

La Rolex Capri Sailing Week avrà inizio con la 65^ edizione della Regata dei Tre Golfi, che parte da Napoli alla mezzanotte di venerdì 10 maggio, dopo il tradizionale pranzo in onore dei partecipanti sulle terrazze del Circolo del Remo e della Vela Italia.

La prestigiosa gara d’altura, alla quale sono iscritti fino ad oggi 100 imbarcazioni, è valida per il Campionato Italiano Offshore 2019 e per il circuito IMA Mediterranean Maxi Offshore Challenge 2018-2019 (5 regate d’Altura più importanti del Mediterraneo dalla Middle Sea Race di ottobre 2018 dalla Palermo Montecarlo ad agosto 2019).

Il percorso di 150 miglia attraversa i golfi di Napoli, Gaeta e Salerno e si conclude a Capri. Oltre alle classi Maxi (+18,29 mt), ORC e IRC, partecipano gli Yacht d’Epoca su un percorso ridotto a 100 miglia (si gira l’isola di Ventotene anziché Ponza), i Gran Crociera e le barche con 2 sole persone di equipaggio (Tre Golfi x 2). Anche quest’anno la regata può essere seguita su cellulare e computer grazie a un’applicazione che rileva in tempo reale la posizione delle imbarcazioni in gara.

Anche il presidente dello Yacht Club Capri, Marino Lembo, notevolmente soddisfatto ha evidenziato la valenza delle regate e della presenza oramai fissa da anni di migliaia di velisti sull’isola Azzurra tanto da poter affermare che la vela a Capri è di casa, infatti la settimana velica prosegue a Capri dal 14 al 18 maggio, con le regate dei Maxi, divisi in più classi a seconda che siano Racer puri o Cruiser Racer. Insieme a Maxi corrono – con classifica separata – le barche del cantiere Mylius, tutte disegnate dall’architetto napoletano Alberto Simeone, che per il terzo anno consecutivo si disputano la Mylius Cup a Capri.

Seguono dal 16 al 18 maggio le regate del Campionato Nazionale del Tirreno, riservate alle imbarcazioni ORC dai 6 ai 18,28 metri. Anche il CNT, che vale come qualificazione al Campionato Italiano 2019 ORC, segna quest’anno un record di partecipazione con oltre 60 concorrenti.

Si correranno massimo due prove al giorno per un totale di cinque regate, su percorsi delimitati da boe; le stesse regole valgono per l’IRC Capri Trophy, al quale partecipano le imbarcazioni in possesso dell’International Rating Certificate.

Tra i tanti titoli e premi in palio questa edizione vede il battesimo del Club Swan Award, che premia lo yacht del cantiere Nautor che avrà ottenuto il miglior piazzamento tra tutti gli Swan iscritti nelle varie classi, mentre lo Yacht Club Italiano assegnerà un Trofeo allo yacht club con più presenze sul podio.

Il fitto calendario di appuntamenti mondani culminerà sabato 18 maggio con l’attesissima premiazione nella celebre Piazzetta di Capri, diventata ormai un evento nell’evento.IMG_2175. Mottola, Lembo, ReggioJPG

Tito e Giulio cesare al Bellini di Napoli

23 Mar

Giulio Cesare e Tito Andronico di Shakespeare sono due drammi con un linguaggio potente e molto contemporaneo diventando un unicum per riflessione sulla bramosia di potere e sue conseguenze, e sulla voglia dell’umano di pace quasi impossibile. La guerra e la violenza in un ambiente che spesso ironizza i personaggi(TITO) e in Giulio Cesare privilegiando l’aspetto politico e filosofico laddove i congiurati cercano le ragioni profonde del loro omicidio, le interrogano e ne sono al tempo stesso travolti.

TITO
La prima e più cruenta tragedia di Shakespeare, Tito Andronico, nella riscrittura di Michele Santeramo, con la regia di Gabriele Russo, appare un eroe stanco, oppresso dalle responsabilità, che vivendo sulla propria pelle gli orrori della guerra desidera solamente un po’ di pace.Ma fra le mura casalinghe il sangue continua a scorrere mentre si consuma la vendetta dei suoi vecchi nemici. È a questo punto che Tito si ribella quando dovrà, vendicarsi per obbedire alle assurde regole della società.

GIULIO CESARE
Si vuole, si può, si deve uccidere il Tiranno? Chi, o cosa può venire dopo Cesare? Tornare alle antiche forme o assecondare il nuovo corso dell’epoca? Uccidere il tiranno: I congiurati Bruto, Cassio e Casca ricercano le ragioni del loro omicidio per poi giungere alla consapevolezza che quel gesto efferato è servito a poco. Uccidere il Tiranno non basta perché spesso il potere del Tiranno risiede proprio nella comunità che lo subisce, che arriva talvolta a proteggerne e tutelarne il dominio. Un dramma potente e moderno, che pur rimanendo fedele all’originale offre una riflessione di forte attualità politica e filosofica.

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Il Don Giovanni di Mozart secondo l’Orchestra di Piazza Vittorio

25 Ott

Applausi a scena aperta per il ritorno al teatro Bellini dell’Orchestra di Piazza Vittorio che dedica ancora a Mozart il suo nuovo spettacolo teatrale: Il Don Giovanni, il nuovo lavoro firmato dall’orchestra più multietnica d’Italia. Dopo essersi cimentata in maniera originale e imprevedibile nel Flauto magico, sempre di Mozart e nella Carmen di Bizet, con il Don Giovanni , in prima assoluta si presenta al Festival Les nuits de fourvière di Lione prodotto insieme alla fondazione teatro Bellini di Napoli ed all’accademia filarmonica romana. Il lavoro parte da un di sorprendente Don Giovanni, affidato ad una voce femminile: Petra Magoni che era già stata l’indimenticabile Regina della notte del Flauto magico. Capace di mille travestimenti ed abile in scena , intorno a Petra Magoni/Don Giovanni si sviluppa tutta la drammaturgia musicale dello spettacolo che è il filo conduttore di questa rielaborazione contemporanea del mito settecentesco.
«Siamo abituati all’idea di un Don Giovanni burlone, che si finge spesso un altro – racconta Mario Tronco -direttore artistico dell’Orchestra e regista dell’opera insieme ad Andrea Renzi . Il travestimento, la mascherata sono tentazioni per lui irresistibili. Egli inganna le donne non tanto per il piacere di conquistarle, ma per il piacere di ingannarle. Amare le donne e diventare ogni volta un altro. Tra arie, duetti e pezzi d’insieme, i personaggi dell’opera percorrono fino in fondo le loro storie, rese vive e attuali ai nostri occhi da travestimenti linguistici e musicali. I musicisti dell’Orchestra, posti su appositi piani sfalsati in altezza, che delimitano uno spazio a sviluppo circolare tagliato da una parete di pannelli variamente illuminati, si muovono quali protagonisti, insieme ai cantanti, nelle loro avventure musicali ed esistenziali. Fondamentale sarà l’apporto musicale di ogni singolo musicista e cantante . Nel cast troviamo insieme a Petra Magoni, Mama Marjas (Zerlina), cantante reggae già molto applaudita nel ruolo di protagonista della precedente Carmen, Omar Lopez Valle (fra le presenze storiche dell’Orchestra) che vestirà i panni di un Leporello in versione cubana; ancora la cantante lirica di origine albanese Hersi Matmuja (Donna Elvira), il brasiliano Evandro Dos Reis (Don Ottavio), il tunisino Houcine Ataa (Masetto) e, alla sua prima collaborazione con l’Orchestra, Simona Boo (Donna Anna), dal 2015 vocalist dello storico gruppo napoletano dei 99 Posse. Saranno loro a trasformare il libretto di Lorenzo Da Ponte in una versione multilingue che abbraccia l’italiano, il francese, l’arabo e il portoghese
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“La ragione degli altri” Pirandello con lo sguardo di Tato Russo

9 Feb

Forse diciamo sempre lo stesso, ma quando va in scena al teatro Bellini Tato Russo, un tuffo nel passato è d’uopo farlo. Il Bellini è una creatura del Maestro, che riprese un teatro/cinema decadente e lo riportò agli antichi splendori.

Tato Russo è una icona, un personaggio che va oltre le logiche dello spettacolo; autore, artista, comico, tragico, tragicomico. Impossibile etichettarlo, in quanto nella sua carriera ha interpetato di tutto e di più con quel carisma che ammalia, ipnotizza. I silenzi, le smorfie, le pause, le interpetazioni sono un tutt’ uno con il personaggio che interpreta.

“La ragione degli altri” fu ricavata da Pirandello da una sua novella dal titolo “Il nido”. La storia descrive la moglie tradita che consente suo malgrado al tradimento del marito facendosene una ragione; il marito consente a continuare il rapporto con la moglie, a scapito dell’amore verso l’amante e l’amante consente a farsi una ragione della necessità del marito a non distruggere la relazione con la moglie. Insomma ognuno si inventa una maschera per sopravvivere all’inganno reciproco.

L’arrivo in casa della coppia del padre della moglie sconvolge il silenzioso equilibrio che si era stabilito tra le parti e scompagina le ragioni d’ognuno ad accettare quel tipo di relazione, La regia e la riscrittura pone la tragicità della storia con gli egoismi  d’ognuna delle parti in gioco: La storia resa libera così dalle maniere letterarie del Novecento e proponendo un Pirandello senza Pirandello diventa di una attualità evidente e odiosa dove le ragioni degli altri prevalgono sempre sui diritti degli ultimi.

Il Regista Tato gioca con i personaggi, li maschera, li smaschera, li fa parlare e i zittisce. Li fa piagere e ridere. E’ anche lui personaggio fra i personaggi che aspettano con impazienza la lettura o rilettura di un copione che dovrebbero sapere a memoria, ma che spesso viene dimenticato o meglio detto cambiato sulla scena.

Successo garantito, ma oltre giocare in casa Tato Russo ha dalla sua un gruppo capace, preparato e pronto a cogliere gli stati d’animo dei personaggi che interpretano.-

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Il Nome della Rosa al teatro Bellini

26 Nov

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Erano anni bui. Anni laddove si finiva al rogo per eresia semplicemente perchè si era antipatici a qualcuno. Anni dove i potenti di una famiglia erano re, cardinali e papi;  Imperava la Santa Inquisizione dittatore sommo che tutto poteva in nome di un Dio e della Chiesa. L’epoca del medio evo, buio, triste, dove persino nelle abbazie c’era del marcio, dove si nascondevano i libri del sapere. Dove il popolo, la massa, la plebe nulla sapeva e doveva sapere.

 

Correva l’anno 1327, alcuni terribili omicidi sconvolgono un’abbazia benedettina sperduta tra i monti del Nord-Italia. Nel monastero viene chiamato il dotto frate Guglielmo da Baskerville. Il francescano, insieme al suo giovane novizio Adso da Melk, si ritrova in un ambiente ostile, un’abbazia piena di libri e di cultura ma anche segreta e spaventosa, su cui dovrà indagare prima dell’arrivo della Santa Inquisizione.

Questa la sintesi del “Nome della Rosa” strepitoso successo letterario di Umberto Eco, portato sulle scene teatrali dal vulcanico Leo Muscato.

 

Il Regista non poteva che scegliere il teatro Bellini, sempre pronto a novità e testi di difficile fattura. Scommessa vinta, vista l’ enorme quantita di pubblico e di applausi nelle serate della recita.

«Dietro ad un racconto avvincente e trascinante, il romanzo di Umberto Eco nasconde un incrocio di segni dove ognuno ne nasconde un altro – ci ricorda Muscato – La struttura stessa del romanzo è di forte matrice teatrale. Vi è un prologo, una scansione temporale in sette giorni, e la suddivisione di ogni singola giornate in otto capitoli, che corrispondono alle ore liturgiche del convento (Mattutino, Laudi, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespri, Compieta). Ogni capitolo è introdotto da un sottotitolo utile a orientare il lettore, che in questo modo sa già cosa accade prima ancora di leggerlo; quindi la sua attenzione non è focalizzata da cosa accadrà, ma dal come”.

 

Il narratore è proprio Adso da Melk, ormai anziano, intento a scrivere le memorie di cui è stato testimone in gioventù. L’io narrante sarà sempre presente in scena, in stretta relazione con i fatti che lui stesso racconta, accaduti molti anni, ricordando quando era giovane, ed intento a seguire gli insegnamenti di un dotto frate francescano, che nel passato era stato anche inquisitore: Guglielmo da Baskerville.

Musiche originali, miste a canti gregoriani eseguiti a cappella dagli stessi interpreti, contribuiranno a creare dei luoghi in cui la parola alimenta nello spettatore una dimensione percettiva che lo porta a dimenticarsi, sia del libro che de film.

Bravissimi Luca Lazzareschi(Guglielmo), Luigi Diliberti(Vecchio Adso), e la compagnia tutta.

 

 

 

Pippo del Bono al Teatro Bellini

6 Nov

Se un giorno tua madre, fervente cattolica, a pochi giorni dalla sua morte ti chiedesse di scrivere uno spettacolo sul “Vangelo” e tu, affermato autore, regista, attore, ateo o forse Buddista vorresti accontentarla, cosa faresti? I tuoi miti erano i Rolling Stones, al massimo hai visto Jesus Christ Superstar, icona degli anni che furono eppure una madre la si deve accontentare.

Pippo Del Bono Autore, attore  non delude sua madre, non delude gli affezionati spettatori che riempiono il teatro Bellini.

 

Pippo è un dissacratore, uno che rovescia le cose vedendole da un punto di vista diverso dal solito. Ovviamente per creare atmosfera e musica può solo pensare ad un grande Maestro: Enzo Avitabile: un artista, un poeta, un illuminato, calato perfettamente nel sociale. Ne nasce, quindi, un binomio perfetto.

 

Ogni artista ha sempre una personale interpretazione, per cui non pensiamo che sul palco si reciti il contenuto del Vangelo, anche se  il messaggio dell’amore è profondo. “Ce n’è così tanto bisogno in questi tempi”- ripete sua madre.

Difficile dare un messaggio d’amore ma la libertà, personale, artistica, emotiva, è il più importante contraltare della morale cattolica. “Chi volete liberare grida Pilato/Del Bono, Gesù o Barabba, chi vincerà tra il bene ed il male? Lo spettatore vivrà in un mondo parallelo laddove, ci sono balli, canti, urla, e poi catene, voglia costante di libertà scevra di dogmi e quant’altro. L’attore è un ricercatore, è un navigante sempre alla ricerca di qualcosa, e Pippo del Bono con la sua compagnia è l’essenza di ciò.

Il regista ligure ci ha  abituati al suo incedere fra le poltrone del teatro, tra voglia di sedersi con la gente e godersi il suo spettacolo, ma poi richiamato da qualcosa o da qualcuno si erge a mattatore o a colui il quale subisce gli eventi e ritorna puntuale il tema della libertà come base dell’amore e della spiritualità. Ai suoi attori si sono aggiunti i maestri che compongono l’Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo, le musiche composte da Enzo Avitabile, che vince il premio  l’Ubu, il più importante alloro teatrale italiano fondato nel 1978 da Franco Quadri.

pippo del bono

Borgoinfesta a Borgagne

9 Lug

Italia è la patria delle contrade e dei borghi, delle sagre e delle feste campagnole.

Dalle mia parti, in Campania, sono molteplici, spesso ripetitive e finiscono col farmi ingrassare ancor di più.

Mi chiama un direttore amico con una proposta “”indecente””:- Vuoi andare in un borgo vicino Lecce, dove fanno una tre gg. di festa, tutto gratis, sponsorizzato dalla Regione Puglia, attraverso una associazione?…

Mi farebbe piacere – rispondo io – anche se so che queste feste significano 5kg in più, ma conoscerò un luogo nuovo, stacco la spina del quotidiano lavoro, scambiando idee e suggestioni con i miei colleghi di viaggio..

Si chiama Borgagne il paesino che ci ospita, una piccola frazione di Melendugno in provincia di Lecce con circa 2000 abitanti, a soli 3 chilometri dal mare.

Bor…che??? Mi viene in aiuto google map e la mia curiosità per capire che si chiama Borgagne… il treno come sempre in ritardo(profondo sud), non mi meraviglia, essendo napoletano..

Sotto un sole cocente, nessuno per strada, raggiungo un locale dove mangerò qualcosa. Sento musica a me conosciuta(il mio amico Cantautore, Eugenio Bennato è innamorato del Salento, della sua musica, la pizzica, i canti corali). Un locale strapieno(forse tutti gli abitanti si sono trasferiti lì)…poi in Piazza al bar gestito da una famiglia italiana emigrata in Germania e ritornata poi nella sua terra natia. Nasce un feeling, in quanto anche io ex emigrante e solito curioso giornalista, “”sparo””” infinite domande, sino ad appagare la mia cuorisità ed addirittura citando delle parole in tedesco, reminiscenze scolastiche. Ma la festa? Dicono che è una tre giorni serrata. L’appuntamento è alla torre dell’orologio, chiedo alla Barista..Ma è qui all’ angolo, mi risponde. Con un sorriso, penso che Borgagne alla fine saranno due stradine ed una piazza. Il tema della tredicesima edizione, quest’anno è “voci di terra“. Cominciano ad allestire il palco, gli stands(poi saprò che si venderanno cose buonissime, che non sono solo due strade ed una piazza, che ci sono altri bar, Bed and Breakfast…

Appuntamento con le guide, che ci dicono che a Borgagne, ci saranno le elezioni e che nel pomeriggio il sindaco uscente ci farà visita. Una delle guide, in lista, verrà poi eletta consigliera. “Lo scopriremo solo vivendo” diceva Battisti. Verissimo. Scoprirò che Borgagne è un bellissimo borgo, frazione di Meledugno ed abbraccia anche un altro piccolo borgo, Le Marine. Il Sindaco uscente, poi rieletto, è un giovane caparbio, intelligente, e sicuramente ha fatto bene per il suo territorio, in quanto i circa diecimila votanti lo hanno rivotato. Ma ritorniamo nell’ alveo della festa. La prima serata con canti, balli, gente che viene dalle città e borghi limitrofi, turisti che conoscono borgoinfesta, ed una decina di giornalisti che girovagano fra uno stand, un coro, una salciccia…Il paese è piccolo, la gente mormora, della serie ci conoscevano tutti, non per nome, ma per il modo in cui ci muovevamo, fotografavamo..addirittura chiedendo cosa significasse quella o quell’ altra cosa, detta in “Salentino”…

I restanti due giorni, intervallati fra delizie, donne preparando le famose orecchiette, vini, giri a cavallo, gite in barca.

C’è un sito archeologico, Roca. Anche lì google mi è venuto in aiuto, ma soprattutto la bravura di una archeologa che ci ha spiegato di tutto e di più.

E poi, il mare, un mare cristallino, caldo, meraviglioso, posti incantati con rocce che si gettano a mare, tipo i nostri faraglioni capresi.

Ma non dimentichiamo che siamo in Italia, patria delle svendite e delle corruzioni. Mi raccontano che in quella meraviglia gli abitanti stanno cercando di non far sorgere le trivelle per il gas…da ecologista quale sono mi è scappata una lacrima, posti di incommensurabile bellezza, darli in pasto ai pescecani internazionali, per il vil denaro…

Il mio io politico per un momento prende il sopravvento ma lasciamo spazio al io curioso…Ritorno subito a rivedere il mare blu, azzurro, turchese, dipendendo dai giochi del sole e delle sparute nuvole.

Borgoinfesta è un progetto socioculturale nato dalla gente del posto, da associazioni che dedicano anima e corpo per far questa tre giorni un evento degno. E se siamo all’ anno tredici, vuol dire che si è lavorato bene e si continuerà a farlo. Sostenibilità, ecologia e solidarietà rappresentano Borgoinfesta; Borgagne si dichiara “terra di accoglienza delle Comunità del Mondo”

“Ngracalati di Borgagne, così si chiama l’ associazione che organizza con certosino lavoro, l’ annuale borgoinfesta..

Ho scritto volutamente in ritardo, in quanto,  questi luoghi dovrebbero essere promozionati sempre a prescindere dal momento di festa. Il tema ricorrente della regione è destagionalizzare, ed io penso sia un ottimo lemma, ma a patto che la regione, i comuni e gli stessi borghi remino tutti nella stessa direzione.

La città più vicina a Borgagne e Meledugno è Lecce, seguita da Brindisi ad un 50ina di km. Bene, come dissi al Sindaco, consiglieri, guide, bisognerebbe organizzare manifestazione a Lecce di certo rilievo che poi portino turisti nei borghi, Ben vengano le feste annuali, e una stagione estiva piena, ma se si vuole vivere attivamente anche in inverno, sono sicuro che il Salento ha molto da dare, ed i borghi, di straordinari bellezza prenderne i benefici. Questo è il mio augurio, ricordandomi dei bei giorni trascorsi e delle meravigliose persone incontrate…

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Il Giocatore al Teatro Bellini

19 Mar

Il Giocatore è una opera breve di Fedor Dostoevskij, scritto quasi di getto per necessità economiche;è la storia di Alexei Ivanovic, prima spettatore del divorante delirio del gioco, di cui cadono vittima il suo datore di lavoro e i personaggi che ruotano attorno alla famiglia, e infine, lui stesso posseduto, senza possibilità di recupero. Lo scrittore russo conosceva, per diretta esperienza, il potere del gioco, La roulette amante e carnefice, capace di gettare nel baratro anche il più savio degli uomini.

Il Giocatore_foto FSqueglia_coraleIl giocatore è la terza tappa di quella che i fratelli Russo hanno definito “Trilogia della libertà”, i tre spettacoli prodotti dalla Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini con i quali si è voluto affrontare il concetto di libertà e di perdita della stessa. Dopo la società distopica dominata dalla violenza del visionario Arancia Meccanica per la regia dello stesso Gabriele Russo, e l’opprimente ospedale psichiatrico di Qualcuno volò sul nido del cuculo diretto da Alessandro Gassmann, è la volta del Giocatore di Dostoevskij. Anche in questo caso, la grande letteratura si fa teatro; così, Il giocatore, scritto nel 1866 da Fëdor Dostoevskij, viene riletto e adattato per il teatro da Vitaliano TrevisanGabriele Russo realizza un allestimento in costante bilico tra dramma e commedia, in cui un cast affiatato trascina in una spirale fatta di gioco d’azzardo, di passioni e di compulsioni che porta dritti in quel (non)luogo dove il desiderio si trasforma in ossessione e non si limita più a governare i protagonisti, ma finisce per soggiogarli. Testo difficile, laddove nulla deve essere lasciato al caso, pena l’errore e la monotonia. In scena un susseguirsi di altre scene, che danno l’ insieme ed allo stesso tempo la voglia allo spettatore di essere lì per conoscere gli esiti di ognuno dei partecipanti. Il protagonista diventa attore ed autore, relatore di fatti e spettatore. Ma se vogliamo dirla tutta, la vera protagonista è sempre la roulette con la sua pallina che gira vorticosamente sino alla chiusura del sipario.-